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LA DIFFICOLTÀ DI PARTORIRE OGGI

Depressione post partum e trauma da violenza ostetrica.

Dare alla luce una creatura, concepita e cresciuta nel proprio grembo, è sicuramente un momento speciale per ogni madre. Fortunatamente, il parto oggi è reso più agevole e sicuro grazie ai progressi fatti sia dal punto di vista igienico che sanitario ma, tuttavia, esiste un rischio reale di una eccessiva medicalizzazione trattando il parto quasi come fosse una condizione patologica. Invece, il parto dovrebbe essere assistito esclusivamente per assicurarsi che tutto il percorso possa svolgersi al meglio, sia per la madre che per il bambino, rimanendo il più possibile un evento assolutamente naturale che, come tale, dovrebbe essere trattato e comunicato.

LA DIFFICOLTÀ DI PARTORIRE OGGI

Da momento della nascita per la donna inizia una nuova fase della vita, in cui si modificano ulteriormente aspetti fisiologici, psicologici e sociali. Nel periodo post-natale, in particolare, si osservano importanti variazioni nei livelli ormonali materni, necessari ad esempio per preparare il corpo della madre all’allattamento. Al contempo, la donna entra a pieno titolo nel il ruolo di mamma e, pertanto, quella che è la sua percezione di Sé subisce un mutamento profondo rispetto a prima, vedendosi ora legata alla sopravvivenza della creatura che dovrà nutrire e accudire. Infine, è inutile negare come anche la società potrà svolgere un ruolo nella percezione del suo nuovo ruolo materno, portando molto spesso aspettative che possono potenzialmente aumentare il carico emotivo di questa fase.

Pertanto, se certamente la nascita di un bambino rimane nella maggior parte dei casi il “lieto evento” per antonomasia, talvolta alcune madri possono sperimentare momenti di grande difficoltà legati sia al nuovo ruolo assunto, sia al nuovo carico di responsabilità percepito, sia alle pressioni ricevute da un contesto sociale non necessariamente adeguato per supportare la donna che diviene madre.

Secondo i dati del Ministero della Salute, infatti, circa il 10-15% delle puerpere si trova ad affrontare un vero e proprio stato depressivo che, in alcuni casi, può protrarsi per molti mesi dalla nascita del bambino.

BABY-BLUES o DEPRESSIONE?

È importante sottolineare la sostanziale differenza che esiste tra la Depressione Post-Partum e il cosiddetto baby-blues. Quest’ultimo, in particolare, si riferisce ad un periodo di instabilità emotiva che sperimenta circa il 70-80% delle donne e che insorge nei giorni che seguono immediatamente il parto ma che, generalmente, si risolve da solo entro le due settimane successive. (link)

LA DEPRESSIONE POST-PARTUM

La Depressione Post-Partum è una vera e propria patologia. Èuna sindrome con caratteristiche simili a quelli della Depressione Maggiore per quel che riguarda i sintomi principali, ma che ha come caratteristica quella di insorgere e manifestarsi a seguito di un preciso evento, ovvero il parto. In particolare, si stima che nei paesi ad alto reddito colpisca il 10-15% delle neomamme e il 15-50% nei paesi a basso reddito (Mirabella et Al., 2014). A questo proposito, si stima che in Italia circa 90000 donne soffrano di disturbi ansiosi e depressivi nel periodo perinatale (Niolu e Croce Nanni 2014) mentre la Depressione Post-Partum insorge più tipicamente dalla sesta alla dodicesima settimana dal momento del parto.

I sintomi, come detto, sono molto simili a quelli tipici della Depressione, ovvero: umore deflesso, astenia, apatia, abulia, difficoltà di concentrazione, sentimenti di inadeguatezza e senso di colpa (DSM 5). La Depressione Post-Partum è, inoltre, caratterizzata da un pensiero concentrato sulla bassa autostima di Sé e conseguenti dubbi sulle proprie capacità nel ricoprire il ruolo del genitore. Tali pensieri e vissuti rischiano di sabotare le prime fasi di attaccamento, rendendo alla madri difficili le interazioni e la comunicazione affettiva con il proprio figlio (Dennis & Chung-Lee, 2006; Patton, et al., 2015).

Nella Depressione Post- Partum, la madre percepisce una realtà intrisa in maniera costante di sentimenti negativi sentendosi continuamente spossata e priva di energie, cosa che la fa sentire ulteriormente in colpa per non essere in grado di raggiungere la figura di madre ideale che ha introiettato nella sua mente. In questo senso, come dicevamo, anche la società gioca un ruolo importante perché è ugualmente responsabile nel costruire un modello di donna-mamma fissando standard totalmente arbitrari e spesso irraggiungibili. Infatti, specialmente nel mondo di oggi fortemente individualista e votato alla produttività, è molto facile sentirsi inadeguati ai ruoli che ci vengono imposti.

Oltretutto, parlando di donne sappiamo quanto la società sia ancora oggi gravata da costrutti culturali che le svantaggiano e le accostano a modelli ai quali ci si aspetta che esse di conformino. Certamente più ancora che per gli uomini.

Tutto questo crea il contesto ideale perché un malessere interiore riguardante un inadeguato senso di Sé, insieme a fattori di rischio pregressi, possa sfociare in una Depressione Post-Partum. Essa è infatti il risultato di più fattori che si intersecano in un circolo vizioso dal quale la neo mamma rischia di non trovare via d’uscita, dato che non sente abbastanza energie per reagire. Si sente in colpa verso il bambino e verso sé stessa, perché non riesce a soddisfare quel modello di madre che voleva essere. Inoltre, come detto può capitare che questo modello di madre idealizzato venga rinforzato dal contesto sociale (in senso allargato) e familiare (in senso stretto).

Per esempio, parlando di contesto e scendendo un po’ nel particolare, un aspetto tra i più importanti da tenere in considerazione è quello riguardante il tema del supporto.

Quanto, il contesto sociale e familiare in cui la donna è inserita è realmente in grado di aiutarla, coadiuvarla e sostenerla?

In questo senso, anche solo un familiare o un’amicizia capace di essere concretamente di aiuto alla donna appena divenuta madre può essere una risorsa capace di fare la differenza, specialmente quando la neo-mamma si trova a fronteggiare un momento di fragilità emotiva.

I FATTORI DI RISCHIO

Come ribadito più volte, il tema della Depressione Post- Partum va analizzato in senso multidimensionale, cioè considerando tutte le sfere di influenza dell’individuo che concorrono a determinare il disturbo. Infatti, consultando la letteratura è possibile individuare fattori di rischio precisi e distinti, ovvero (Lancaster, et al., 2010; Sahapiro, et al., 2012; Ghaedrahmati, 2017):

  • Fattori di rischio Fisiologici: alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, o nel rilascio di serotonina in risposta allevariazioni dei livelli di estrogeni.
  • Fattori di rischio Psicologici: la personale storia pregressa di disturbi dell’umore, il temperamento di base, uno stile di attaccamento insicuro, eventuali familiarità per un disturbo depressivo e la presenza di comorbidità psichiatriche.
  • Fattori di rischio Sociali: il tema centrale, in questo caso, riguarda la solitudine. Le madri single, o con scarsità di supporto familiare, sono particolarmente a rischio specialmente se queste situazioni sono accompagnate da un basso reddito economico, un basso livello culturale o situazioni di violenza domestica.
  • Complicanze Ostetriche: i momenti traumatici, legati al parto o alla gravidanza, incarnano un fattore di rischio importante per la genesi della Depressione Post-Partum.

Identificare quali siano i fattori di rischio è estremamente importante per fare prevenzione, prima ancora che per poter effettuare una diagnosi precoce del problema. Infatti, una prevenzione primaria e secondaria efficace e una diagnosi tempestiva che permetta di iniziare il prima possibile il trattamento, portano ad una prognosi più favorevole per la madre e il bambino (Dennis & Chung-Lee, 2006).

TRAUMA NEONATALE E VIOLENZA OSTETRICA

Il momento del parto è, certamente, tra i più delicati che la madre si trova ad affrontare. Sia le possibili complicanze relative all’evento in sé, che problemi con il personale e la struttura in cui l’evento avviene, possono avere un peso importante nelle genesi della Depressione Post-Partum.

Nel 2014 l’OMS ha emesso un comunicato dal titolo “La prevenzione ed eliminazione dell’abuso e nella mancanza di rispetto durante l’assistenza al parto presso le strutture ospedaliere”, in cui vengono esaminati e descritti i comportamenti degli operatori sanitari che possono essere considerati come abusanti, messi in atto durante le fasi di assistenza al parto. (Pellizzaro, 2024)

Tra essi, si va dall’abuso fisico diretto, a procedure inadeguate e/o coercitive, violenza verbale e umiliazione, violazioni della privacy, consenso non veramente informato, negazione di terapie per il dolore, rifiuto di accoglienza nelle strutture ospedaliere, negligenze da parte del personale che mettono in pericolo la salute di madre e bambino, fino alla detenzione di questi ultimi nella struttura quando la madre non è in grado di pagarne i servizi di cui ha fruito. (WHO, 2014)

La prima definizione giuridica di violenza ostetrica proviene dallo stato del  Venezuela che nel 2007 la definì giuridicamente nella “Ley Orgánica sobre el Derecho de las Mujeres a una Vida Libre de Violencia” articolo 15(13): “appropriazione del corpo e dei processi riproduttivi della donna da parte del personale sanitario, che si esprime in un trattamento disumano, nell’abuso di medicalizzazione e nella patologizzazione dei processi naturali avendo come conseguenza la perdita di autonomia e della capacità di decidere liberamente del proprio corpo e della propria sessualità, impattando negativamente sulla qualità della vita della donna” (Pellizzaro, 2014).

Per quanto riguarda il nostro paese, la situazione è stata osservata tramite un’indagine da parte dell’agenzia DOXA per conto dell’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica in Italia (OVO), durata ben 14 anni (dal 2003 al 2017). In essa è emerso che ben il 21% delle madri intervistate ha riferito di aver subito violenza ostetrica durante il parto e che addirittura il 6% di queste ha ammesso di non voler più avere figli per non rischiare di rivivere quei momenti traumatici e umilianti.

Pare, infine, che ben il 61% delle madri sottoposta ad episiotomia durante il parto (l’intervento chirurgico in cui viene praticato un taglio nella zona del perineo per facilitare il passaggio della testa del nascituro) non fornisca in realtà il consenso informato necessario per effettuare l’operazione (Pellizzaro, 2014).

Pertanto, considerando il portato emotivo e psicologico che la madre esperisce in un contesto di violenza ostetrica è fondamentale individuare la gravità e la frequenza del fenomeno, poiché molte delle vittime potrebbero essere più esposte allo sviluppo di Depressione Post – Partum proprio in virtù del trauma subito.

PREVENZIONE E TRATTAMENTO

Il tema della prevenzione, finalizzato a consentire di individuare tempestivamente i soggetti più portati al possibile sviluppo di Depressione Post-Partum tramite l’anamnesi e l’individuazione dei fattori rischio, insieme a test di valutazione psicologica, rimane uno dei temi fondamentali. Come detto precedentemente, più precoci sono gli interventi, psicologici e di sostegno sociale, migliore sarà la prognosi per madre e nascituro.

Riguardo ai test di valutazione, ad oggi ne esistono diversi e quasi tutti di semplice somministrazione, come: l’Edinburgh Postnatal Depression Scale, la Beck Depression Inventory e il Patient Health Questionnaire. Sono strumenti di grande utilità per tutti gli operatori coinvolti nei processi di assistenza nel periodo perinatale e postnatale (Avalos, et al., 2016). Sarebbe quindi importante aumentare la somministrazione di questi test il più possibile, proprio per evitare di trascurare gli eventuali casi a rischio e doversene occupare poi successivamente quando il disturbo è diventato più profondo e difficile da trattare.

Gli interventi per il trattamento della Depressione Post-Partum, invece, devono essere a carattere multidimensionale, pertanto sia farmacologici che psicoterapuetici. Per quel che riguarda l’ambito farmacologico è sempre d’obbligo effettuare un’analisi costi/benefici perché ci troviamo durante un periodo particolare di interscambio madre-bambino, in cui ciò che viene assunto dalla madre potrebbe passare attraverso il flusso sanguigno (nel periodo perinatale) o tramite il latte materno (nel periodo post natale) al bambino. Pertanto, l’operatore ricercherà la dose minima efficace quando si renda necessario questo tipo di intervento. Parimenti, la psicoterapia si rivela fondamentale per questo genere di disturbi, migliorando la sintomatologia fino anche alla remissione e prevenendo le ricadute. Logicamente, essa si dimostra più efficace se svolta all’interno del nucleo familiare coinvolgendo tutti gli attori del contesto quotidiano del soggetto (Avalos, et al., 2016; Becker, et al., 2016).

Infine, è imprescindibile anche un intervento di tipo socio-assistenziale soprattutto per quelle madri che provengono da ambienti sia economicamente che culturalmente svantaggiati, verificando inoltre possibili situazioni di isolamento o violenza domestica.

Prof.ssa Cinzia Niolu

Come è possibile intervenire, in termini di igiene emotiva e comportamentale, per favorire un post partum sereno? 

Il primo passo per favorire una condizione il più serena possibile relativamente al parto e a tutto ciò che lo riguarda (peri-parto), è quello di prepararsi al cambiamento che verrà, sia fisicamente che mentalmente, per “fare posto” al bambino in arrivo. La gravidanza, dunque, dovrebbe essere utilizzata in questo senso preparatorio, cominciando ad avere in mente il bambino, e questo sia per la mamma che per il papà.         Questo significa continuare una vita normale, a patto che non vi siano situazioni che impongano riposo, lavorare, coltivare i propri hobby nonché fortificare la rete di relazioni sia familiari che amicali, fondamentali per un sostegno materiale e psicologico dopo la nascita. Contemporaneamente, sarà importante cominciare a preparare la casa per accogliere il nuovo nato ma, anche, iniziare a prendersi cura della propria salute fisica e mentale: ad esempio, se si avvertono segni di disagio, stanchezza eccessiva, ansia, tristezza eccessiva e persistente, è molto importante segnalarli subito al proprio ginecologo/medico curante, in modo che questi possa inviare la donna ai centri specializzati per la salute mentale nel peri-parto.

Esistono stili di vita sani capaci di ridurre il rischio di una depressione post-partum?

Adottare uno stile di vita sano  costituisce un fattore protettivo che può ridurre il rischio di depressione peri-parto. Le abitudini di vita sane, dal periodo pre-concezionale fino al post-partum, sono considerate una delle principali misure da adottare per la prevenzione delle malattie gestazionali, comprese quelle psichiatriche. Mangiare cibo sano, evitare alcolici, fumo di tabacco e sostanze da abuso, dormire bene rispettando gli orari migliori, fare regolare attività fisica giornaliera, soprattutto camminare sono importantissimi fattori protettivi che nel periodo del peri-parto sembra che alcune attività siano più efficaci e assumano anche valore terapeutico. Effetti benefici si evidenziano poi nel ridurre lo stress materno, migliorare la salute mentale e fisica della madre: questi fattori, in particolare, possono avere anche sul peso del bambino alla nascita. Nelle diverse fasi del peri-parto posso diventare preziose anche alcune discipline quali, ad esempio, lo Yoga (molto efficace nella prevenzione della depressione pre e post-natale) e la ginnastica generale (utile nel trattamento della depressione pren-atale), soprattutto aerobica.  E’ interessante notare come gli effetti positivi dello Yoga, oltre ai sintomi di stress, ansia e depressione, si estendono anche alla durata e al dolore del travaglio.

La gestione farmacologica della depressione post-partum può essere procrastinata a vantaggio di terapie comportamentali, o la farmacoterapia è inevitabile?

Il trattamento farmacologico della depressione peri-natale può essere procrastinato, a favore di psicoterapie comportamentali (soprattutto nei casi di depressione lieve e lieve/moderata), secondo il giudizio clinico del medico e dello staff che segue la paziente. Il trattamento farmacologico è riservato ai casi moderato/gravi e gravi, e a quelli in cui la paziente era già in cura prima della gravidanza, da solo o in combinazione con la psicoterapia.

Psicoterapia in gravidanza: può un supporto precoce essere di aiuto durante la gestazione per ridurre incidenza e importanza della depressione post partum?

Sicuramente uno screening precoce, fin dal primo trimestre, e l’identificazione rapida di situazioni a rischio di sviluppare depressione sono fondamentali per instaurare un supporto psicologico che può essere di grande importanza nel prevenire lo sviluppo della patologia conclamata. Sarebbe per questo molto importante che la donna comunicasse qualunque segnale di disagio, anche lieve,  al proprio ginecologo, ostetrica, medico di base, permettendo così di attivare tempestivamente le misure di supporto, qualora fossero necessarie.

Fonti di riferimento

  1. salute.gov.it
  2. Mirabella F, Michielin P, Piacentini D, et al. Positive screening and risk factors of postpartum depression in women who attended antenatal courses. Riv Psichiatr. 2014 Nov-Dec;49(6):253-64. doi: 10.1708/1766.19126.
  3. Niolu C, Biancardi E, CROCE NANNI R, et al. La cartella clinica nelle “patologie speciali”: depressione perinatale. Noos,2014;20(1):43-48 doi 10.1722/1533.16781
  4. Dennis CL, Chung-Lee L. Postpartum depression help-seeking barriers and maternal treatment preferences: a qualitative systematic review. Birth. 2006 Dec;33(4):323-31. doi: 10.1111/j.1523-536X.2006.00130.x.2006;
  5. Patton GC, Romaniuk H, Spry E, et al. Prediction of perinatal depression from adolescence and before conception (VIHCS): 20-year prospective cohort study. Lancet. 2015 Aug 29;386(9996):875-83. doi: 10.1016/S0140-6736(14)62248-0.
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