HIKIKOMORI E AUTISMO, C’È UN LEGAME?
Asperger e isolamento volontario: l’intervista ad A.C., 29 anni, e un passato da hikikomori
HIKIKOMORI E AUTISMO
HIKIKOMORI SECONDARIO: L’INCIDENZA DELL’AUTISMO
L’hikikomori non è considerata una “patologia” mentale, e non è stata inclusa nel DSM V come sindrome psichiatrica vera e propria. Viene ritenuta piuttosto un disagio adattivo-sociale, una scelta esistenziale compatibile con altri stati di sofferenza mentale o disturbi della personalità – in particolare una forte componente di ansia sociale – ma non necessariamente dipendente da queste. Tuttavia, gli esperti di hikikomori nel mondo, a partire dal Giappone dove il fenomeno ha avuto origine, sono per lo più concordi nel classificare due forme di hikikomori: uno primario e uno secondario. Nel primo caso, quello più diffuso e studiato fin dal principio, la scelta del “ritiro sociale” esclusivo si attua senza che vi siano patologie mentali concomitanti a “giustificare” tale percorso. Nel secondo, al contrario, la persona che si ritira dal mondo rinchiudendosi tra le mura della propria stanza, presenta un quadro più complesso di comorbidità psichiatrica, come ad esempio il soffrire di sindromi schizofreniche, o di depressione. Un maggior rischio di hikikomori è inoltre riscontrato nei soggetti autistici, o meglio, nelle forme di neurodiversità tipiche di alcune condizioni dello spettro autistico (Autism Spectrum Conditions ASC) ed evidente nei disturbi dello spettro autistico (Autism Disorder Spectrum ADS). Diversi studi sono stati condotti, e si continua ad indagare al fine di trovare quante più rilevanze cliniche possibili, per capire che tipo di correlazione esiste tra autismo e hikikomori e come sia possibile intervenire sia a scopo preventivo che terapeutico.
Nel 2020, ad esempio, è stato pubblicato uno studio pilota giapponese che ha coinvolto un campione di 416 pazienti della Clinica universitaria Hikikomori/Disturbi dell’Umore di Kyushu, dei quali 103 hikikomori, e 221 non hikikomori (gruppo di controllo). Lo scopo era quello di rilevare la percentuale di persone con forme di autismo tra i pazienti curati per hikikomori. L’esito è stato interessante: le persone in ritiro volontario (hikikomori) mostravano più tratti conformi a condizioni dello spettro autistico, rispetto ai non hikikomori. Basandosi anche sulla scala giapponese per la diagnosi delle ASC (AQ-J), lo studio ha evidenziato come nei soggetti hikikomori con punteggio elevato si riscontrassero una predisposizione maggiore alla depressione, ridotte interazioni sociali e scarso supporto sociale. Le evidenze di un legame tra condizioni dello spettro autistico e hikikomori non sono ancora tanto rilevanti da poter essere considerate come certezza, tuttavia, esiste certamente una predisposizione all’isolamento nei soggetti neurodiversi con ASC.
SINDROME DI ASPERGER, TRATTI TIPICI
La sindrome di Asperger (SA) Fa parte delle condizioni dello spettro autistico (ASC) come disturbo dello sviluppo (developmental disorder). La caratteristica preminente delle persone con SA è la neurodiversità che si manifesta fin dall’infanzia con i seguenti tratti:
- Interesse ossessivo/maniacale ed esclusivo per un’attività/gioco/materia di studio, soprattutto nell’ambito scientifico-tecnologico
- Elevate competenze linguistiche anche di tipo specialistico (soprattutto se relative all’oggetto del loro interesse) e tendenza alla pedanteria
- Abitudini e comportamenti ripetitivi e ritualistici
- Difficoltà/incapacità a relazionarsi efficacemente con i coetanei
- Comportamenti sociali e risposte emotive inappropriate
- Difficoltà nella comunicazione non verbale e nella decodifica del linguaggio del corpo e della mimica
- Movimenti goffi e scoordinati
- Sensibilità selettive a suoni, odori, sapori e consistenze (ad esempio dei cibi)
- Inclinazione all’introspezione e alla solitudine
- Candore, ingenuità
Le persone con AS nell’età adolescenziale presentano tipicamente un immaturità sociale che rende per loro molto complicato stringere amicizie. Inoltre, le loro insolite caratteristiche li rendono facili vittime di bullismo in ambito scolastico.
Caratteristiche psico-comportamentali dell’hikikomori
Alcuni tratti psicologici riscontrati negli hikikomori sono compatibili con un quadro di AS. In generale, i soggetti che scelgono il ritiro sociale volontario per oltre sei mesi (condizioni necessaria per la diagnosi di hikikomori), soprattutto in età precoce, presentano le seguenti caratteristiche, o alcune di queste:
- Carattere introverso, introspettivo, timido, con scarsa autostima e tendenza all’inibizione
- Intelligenza spesso superiore alla media
- Legami familiari problematici, madre oppressiva, padre assente, eccessive aspettative da parte dei genitori sui figli/e
- Terrore dell’” altro”, paura di essere giudicati, di dover dimostrare qualcosa
- Ripetuti fallimenti (scolastici, sportivi, di altro tipo)
- Vittime di bullismo
- Routinari, con scarsa attitudine al cambiamento e paura delle novità. Trovano rassicurazione nella ripetizione rituale e liturgica dei gesti quotidiani
- Predilezione per la tecnologia informatica
- Ridotto interesse per la scuola e per le attività didattiche, demotivazione
- Difficoltà nelle relazioni interpersonali, sensazione di essere diversi, emarginati, non omologati ai coetanei, non capiti
- Rifiuto delle convenzioni sociali, delle “mode” imperanti tra coetanei
- Disagio con il proprio corpo, con le pulsioni sessuali, e spesso complessi fisici
LA STORIA DI A.C.
A.C. ha 25 anni quando gli viene diagnosticata la sindrome di Asperger. Da quel momento fino ai 4 anni successivi, questo giovane uomo sa che il suo cervello funziona in modo diverso rispetto a quello della maggior parte delle persone, inclusi i membri della sua famiglia. Sa di essere neuroatipico, e di avere reazioni differenti rispetto allo standard. Grazie alla terapia sta imparando ad interagire con chi gli sta intorno in modo positivo, sa che non è colpa sua se non intende le cose come gli altri, se non pensa come gli altri, se non “sente” come gli altri. Ma quando era bambino, adolescente e poi ragazzo, le cose sono state per lui molto difficili.
“Fino ai sei anni non ho avuto grossi problemi, mia mamma mi raccontava che giocavo con gli altri bambini e avevo amichetti, che ero un bambino contento. Poi, con l’inizio della scuola elementare, tutto è andato subito male. Mi sentivo diverso, ero diverso”.
Quando hai sentito l’esigenza di rinchiuderti in camera?
È iniziato al liceo (scientifico), ma il periodo è stato più lungo perché poi sono stato bocciato più volte. Dopo questi fallimenti continui ho smesso per un po’ di andare a scuola, e dopo qualche anno ho ripreso in privato, e infine mi sono diplomato alla scuola paritaria. Negli anni del liceo, tra i 15 e i 17 anni stavo in camera per il 75% della mia giornata. Nel periodo più buio, quando mi sono ritirato, anche di più. Mangiavo sempre in stanza, per lo più biscotti con Nutella. Non mi lavavo, non me ne fregava niente. Non leggevo neppure, non facevo nulla. Era proprio un brutto momento.
Com’era il ritmo del sonno? Ti capitava di stare sveglio durante la notte e di dormire di giorno?
Sì. Molto spesso.
La tua famiglia?
Erano molto preoccupati, cercavano di farmi uscire dalla stanza.
Avevi subito bullismo a scuola in quegli anni?
Sì. Non di tipo fisico, ma verbale. Mi sentivo escluso, emarginato. Nessun professore mi è venuto incontro, nessuno si accorgeva che c’era un legame anche tra il mio andare male a scuola e i problemi con i compagni di classe. Non sono stato aiutato in alcun modo.
Cosa ti ha aiutato, invece?
I giochi di ruolo. Conobbi delle persone, poi diventati amici, che mi coinvolsero in questa attività, che pratico ancora e in cui sono diventato bravo. La mia vita sociale si era spostata su questi ambiti. Ma non ci incontravamo solo virtualmente, bensì ci vedevamo anche di persona a cadenza regolare.
Ad un certo punto della tua vita hai avuto la diagnosi di Asperger, prima di saperlo, come ti sentivi?
Sbagliato. Solo dopo ho capito che funzionavo in modo diverso, e che alcuni comportamenti facevano parte della mia “meccanica”. A 15 anni, e in parte anche oggi che ne ho quasi trenta, mi sentivo oppresso dal sistema sociale che c’era intorno a me. Mi sentivo come se per me quel modello non funzionasse. Oggi so che per me i rapporti sociali sono molto più complicati che per le altre persone e che dipende dal fatto che sono neuroatipico. Ma allora non lo sapevo e soffrivo perché mi sentivo inadeguato. Non ero all’altezza delle aspettative: non mi sono diplomato quando avrei dovuto, e quando poi sono andato all’Università sono durato appena una settimana. Mi sentivo un inetto.
Cosa ti faceva soffrire più di tutto?
Il giudizio degli altri.
Le persone ti facevano paura?
In parte. Mentre crescevo facevo una gran fatica a fare amicizia, e anche quando succedeva, non riuscivo ad aprirmi. Ci vedevo sempre un rischio. Avevo paura che gli altri vedessero realmente come ero, che mi giudicassero e mi ferissero. Una paura che con la terapia sto riuscendo a gestire. Tuttavia un timore mi è rimasto, e non so quando riuscirò a liberarmene: quello di offendere gli altri. Ho sempre paura di commettere qualche “errore”, di sbagliare, ad esempio durante una conversazione.
Ti è più facile stabilire contatti solo virtuali?
No. Il mio problema è proprio quello di entrare in relazione con altri, che siano reali o digitali, il discorso non cambia. Sono una persona che non sente il bisogno di frequentare gli altri, anche gli amici. Non sento la necessità di chiamarli, anche per mesi.
Pensi che se avessi avuto la diagnosi si Asperger quando eri a scuola i tuoi risultati scolastici sarebbero stati migliori?
Difficile rispondere oggi. Diciamo che all’epoca sicuramente il mio scarso profitto dipendeva in buona parte dalla mia neurodiversità e dal problema del bullismo. Ci sono due fattori da considerare. Se avessi avuto la diagnosi allora, avrei avuto anche la serenità di accettarmi che ho oggi. In secondo luogo, chi stava a scuola con me, sapendolo, avrebbe cambiato il modo di relazionarsi a me. Ma io ho sempre avuto problemi scolastici, fin dalle elementari, sempre dello stesso tipo, non è che i miei risultati sono cambiati al liceo di punto in bianco. È solo che in quel momento è diventato molto più evidente che io avessi problemi e che li avessi anche nel rapporto con i compagni.
La scuola per me è stato il momento in cui il contesto sociale ha cominciato a fare pressione sui miei punti deboli e in cui si sono rivelate le mie falle. Ho cominciato a sentire di sbagliare, di stare facendo degli errori e soffrivo per il fatto di non riuscire a non commetterli disattendendo in primo luogo le aspettative che avevo su di me. Sono sempre stato il peggior nemico di me stesso, e in parte lo sono ancora.
Oggi hai fatto pace con te stesso?
Ci sto lavorando. Non è facile, ma va molto meglio.
Fonti: