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IL CAREGIVER FAMILIARE È DONNA: IL PESO DEL GENDER GAP NEL RUOLO DI CURA

Nonostante l’evoluzione dei ruoli, la cura dei familiari non autosufficienti è ancora una responsabilità che grava in modo preponderante sulle donne. Il gender gap nel caregiving porta a sacrifici personali e professionali, imponendo un carico emotivo e fisico spesso ignorato dalla società.

DEFINIZIONE

Il caregiving è quell’insieme di pratiche che vengono messe in atto da una o più persone quando queste si prendono cura di un individuo che, in una fase della propria vita o per l’intera durata della stessa, non è autosufficiente e necessita pertanto di supporto nello svolgimento delle attività quotidiane. In altre parole, il caregiver è colui che presta l’aiuto necessario ad una persona non autosufficiente. (Treccani)

L’atto del prendersi cura di qualcuno coinvolge anche attività preparatorie e collaterali, come preparare i pasti, comprare i viveri, il vestiario nonché tutte quelle operazioni di pulizia di biancheria ed indumenti (Razavi, 2007). Il caregiver, infine, può essere parte di un gruppo i cui membri si suddividono i compiti di assistenza o, come accade forse più di frequente, essere l’unico attore all’interno di questa dinamica di supporto.

In molti casi infatti, anche in contesti di famiglie numerose, capita che i compiti di caregiving ricadano per la maggior parte (se non del tutto) su una unica persona, che si farà quindi carico dell’importante e complesso compito di assistere la persona non autosufficiente. Su di essa si concentreranno, quindi, tutti  gli oneri materiali e psicologici che il ricoprire un simile ruolo di grande importanza implica, dedicandovi un impegno tale che, talvolta, possa risultare logorante, sia fisicamente che psicologicamente.

I cambiamenti demografici che hanno interessato la nostra società a partire dalla metà del secolo scorso, hanno influenzato ideologicamente e strutturalmente sia gli uomini che le donne relativamente al concetto di necessità di assistenza agli anziani. Questi ultimi vivono anche più a lungo, quindi è più probabile che abbiano coniugi o fratelli ancora in vita rispetto al passato (Uhlenberg, 1998). Allo stesso tempo, l’aumento dei tassi di divorzio e di vita indipendente, ha conseguentemente incrementato il numero degli anziani che vivono soli, senza coniugi e talvolta senza figli che possano prendersene cura (Coward, et al..1992). Tutto ciò si traduce complessivamente in un numero più elevato di adulti che, prima o poi, potrebbero aver bisogno di assistenza e cure.

CHI È IL CAREGIVER TIPO?

Storicamente, il ruolo di caregiver all’interno delle famiglie è sempre ricaduto sulle donne, inteso come un compito tipicamente femminile da svolgersi all’interno dell’intimità e della privacy domestica (Esplen, 2009). Questa percezione, d’altronde, persiste tutt’ora anche nelle società occidentali, seppure con alcune differenze dovute ad una maggiore flessibilità dei ruoli ed al sempre maggior numero di donne che lavorano e hanno una carriera, al pari degli uomini (Hook, 2010). Ma non è solo una percezione: circa il 60% dei caregiver negli Stati Uniti sono ancora oggi donne (National Alliance for Caregiving & AARP, 2015).

Va da sé come sia necessario, quindi, analizzare il compito del caregiving tenendo conto di queste differenze di genere e delle implicazioni che questa esclusività di genere possa comportare. Le donne, infatti, devono necessariamente dividere il loro tempo tra questi compiti di assistenza, una carriera lavorativa e, ancora troppo spesso, le necessità domestiche e familiari da cui, le nostre società, ancora faticano a vederle completamente emancipate.

Non è certamente quindi un caso se, anche per quel che riguarda il caregiving retribuito, ovvero svolto da un professionista pagato, nella stragrande maggioranza dei casi sia una donna a svolgere tale mansione.

Per quel che riguarda la situazione italiana, un documento del 2021 divulgato dal Servizio Studi della Camera dei Deputati indica come, in Italia, i principali fornitori di cure abbiano un’età compresa tra i 45 e i 64 anni e di come, sulla popolazione totale, chi fornisce assistenza sia una donna nel 30% dei casi (45-54 anni) e un uomo nel 23% (55-64 anni).

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Pertanto, anche nel nostro paese possiamo constatare come si confermi il trend registrato a livello internazionale, che vede le donne quale principale attore nel fornire le cure assistenziali alle persone non autosufficienti.

CAREGIVER E SALUTE

Chi fornisce le cure necessarie per assistere ad un familiare non autosufficiente è sottoposto ad un carico emotivo e fisico non trascurabile. Le esigenze che questo ruolo impongono al caregiver, in molti casi, nel lungo termine producono disturbi sia psicologici che fisici. Si va dall’insonnia e ai mal di testa, fino a disturbi d’ansia, depressione nonché allo sviluppo (o aggravamento) di problemi fisici causati da eventi traumatici di gravità moderata (distorsioni, incidenti muscolari o fratture).

Il caregiver deve quindi affrontare una condizione di difficoltà personale con un ulteriore aggravio del carico da sopportare.

Per quel che riguarda i disturbi psicologici legati a questo ruolo, uno studio ha evidenziato come siano soprattutto le donne a manifestare più sintomi legati ad ansia, depressione e stress, rispetto agli uomini (Lidia Cabral et Al., 2014). Ma questo probabilmente potrebbe derivare anche dal  fatto che, molto spesso, sono proprio loro le caregiver. Inoltre, lo studio ha anche trovato una correlazione tra i diversi disturbi e alcune varianti socio-culturali dei soggetti coinvolti. Il titolo di studio, l’abitare in città piuttosto che in zone rurali e l’appartenere a nuclei familiari marcatamente già disfunzionali,  sembrano essere legati strettamente alla frequenza in cui si manifestano questi disturbi. Infine, forse la relazione più ovvia che è stata identificata durante l’indagine, riguarda l’entità di questi sintomi e il carico di impegno che il ruolo di caregiver richiede. Dando uno sguardo a questi dati risulta ancora più evidente quale sia l’impatto psicofisico per un caregiver durante il suo compito di assistenza, che può durare anche molti anni. Bisogna infatti tenere conto che la salute di colui che presta le cure avrà un costo, sia per il soggetto che per la società, non trascurabile. Si tratta di condizioni che devono necessariamente emergere dall’ambiente intimo e familiare, così da poter essere adeguatamente affrontate dall’intera società affinchè si possa fornire la dovuta assistenza al caregiver, chiamato a svolgere un compito prezioso sia sul piano umano e che sociale. Gli interventi dovrebbero partire dalle analisi delle esigenze di chi incarna la figura del caregiver secondo un approccio olistico, offrendo supporto per tutti i tipi di esigenza o difficoltà che il caregiver manifesti (Hsing-Yi Chang et Al., 2010).

DISPARITÀ DI GENERE, STA CAMBIANDO QUALCOSA?

Quando affrontiamo questo argomento, dobbiamo sempre ritornare a quella che è la differenza di genere in questo ruolo. Abbiamo ormai ampiamente appurato come siano soprattutto le donne che si prendono carico di queste situazioni e come accade spesso, a questo compito già di per sé gravoso, si aggiungano per loro quelli legati al ruolo di madre e moglie. Oggigiorno questo divario si sta affievolendo, ma permane ancora una differenza sostanziale tra i generi. È quindi fondamentale tenerne conto quando si cercano di organizzare programmi di sostegno attraverso organizzazioni sociali e di comunità.

La famiglia stessa del caregiver è, innanzi tutto, la prima comunità che può coadiuvarlo e sostenerlo. Pertanto, anche su di essa si dovrebbe intervenire in caso di necessità, qualora si presentino situazioni disfunzionali o di disimpegno.  Infatti, abbiamo visto dai risultati delle ricerche sopracitate che chi proveniva da ambienti familiari problematici mostrava segni di maggior sofferenza durante il suo compito di assistenza.

Tuttavia, insieme ai cambiamenti legati all’aumento delle aspettative di vita, i nuclei familiari sono diventati sempre più piccoli: da ciò derivano necessariamente gruppi disponibili all’assistenza sempre più ristretti. Oltretutto, almeno per quanto riguarda le classi medie, la maggiore mobilità geografica allontana sempre più adulti dai loro nuclei di origine, esercitando maggiore pressione psicologica su chi, invece, rimane a vivere vicino.

Tutto questo produce comunque un aumento della quota di uomini che  partecipano alla cura degli anziani, insieme alle attività domestiche e alla cura dei figli. Si tratta di un segnale di alleggerimento che, per fortuna, implica un fenomeno di egualitarismo di genere in progressiva espansione.

Qualunque sia l’equilibrio di genere attualmente nell’assistenza agli anziani, eventuali segnali di convergenza di genere legati all’andamento demografico a lungo termine fanno presagire ulteriori possibili cambiamenti futuri riguardo alla residua disparità di genere (Mathiowetz et al, 2005).

Tuttavia è necessario rimarcare la solida disparità che tuttora persiste.

COME AIUTARE CHI AIUTA

Nonostante molti studi pubblicati dimostrino interventi efficaci, come interventi multidimensionali e psicoeducativi, si è verificato un ritardo nel tradurre la ricerca in risorse facilmente accessibili ai caregiver. Ciò richiede lo sviluppo di migliori pratiche, la valutazione della rilevanza clinica e la ristrutturazione dei fondi per consentire la sostenibilità. Finché ciò non accadrà, non ci si potrà concentrare su interventi pratici e individualizzati volti ad assistere i caregiver. Questi, in particolare, dovrebbero poi essere incoraggiati a prendersi regolarmente delle pause, unirsi a un gruppo di supporto e non trascurare  di perseguire i propri interessi. Dovrebbero, inoltre, essere incoraggiati a prendersi cura della propria salute, inclusa l’assistenza sanitaria preventiva e a cercare assistenza psicologica quando necessario. Ai caregiver, inoltre, dovrebbe essere offerta, con l’aiuto di terapisti e infermieri, una specifica formazione relativa alle esigenze di cura dell’assistito.

Quando chi riceve assistenza e caregiver sono trattati come una diade, i risultati per entrambi migliorano, creando un’alleanza vitale. Le prove a tal proposito evidenziano come il coinvolgimento dei caregiver e l’accordo con il piano di cura aumentino significativamente l’aderenza alle raccomandazioni (Collins et Al., 2019).

Fonti di riferimento

Ahmed, A., N. J. Yates-Bolton, and E. H. Collier. “AARP and National Alliance for Caregiving (2015) Caregiving in the US, AARP, www. aarp. org/content/dam/aarp/ppi/2015/caregiving-in-the-united-states-2015-report-revised. pdf Aged Care Quality and Safety Commission (2021) Aged Care Quality Standards, Australian Government.” Dementia 202: 327-406.

Collins, Lauren G., and Kristine Swartz. “Caregiver care.” American family physician 83.11 (2011): 1309-1317.

Coward, Raymond T., Claydell Horne, and Jeffrey W. Dwyer. 1992. “Demographic Perspectives on Gender and Family Caregiving.” Pp. 18-33 in Gender, Families, and Elder Care, edited by J. W. Dwyer and R. T. Coward. Newbury Park, CA: SAGE Publications, Inc.

Esplen, E. (2009) Gender and Care, Brighton Institute of Development  Studies.  https://www.inmujeres.gob.es/publicacioneselectronicas/documentacion/Documentos/DE0930.pdf

Feinberg, Lynn, et al. “Valuing the invaluable: 2011 update, the growing contributions and costs of family caregiving.” Washington, DC: AARP Public Policy Institute 32 (2011): 2011.

Hsing-Yi Chang, Chii-Jun Chiou, Nain-Sen Chen, Impact of mental health and caregiver burden on family caregivers’ physical health, Archives of Gerontology and Geriatrics, Volume 50, Issue 3, 2010, Pages 267-271, ISSN 0167-4943, https://doi.org/10.1016/j.archger.2009.04.006.

Hook, Jennifer L. “Gender inequality in the welfare state: Sex segregation in housework, 1965–2003.” American journal of sociology 115.5 (2010): 1480-1523.

Lídia Cabral, João Duarte, Manuela Ferreira, Carlos dos Santos, Anxiety, stress and depression in family caregivers of the mentally ill, Atención Primaria, Volume 46, Supplement 5, 2014, Pages 176-179, ISSN 0212-6567, https://doi.org/10.1016/S0212-6567(14)70087-3.

(https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0212656714700873)

Mathiowetz, Nancy A., and Stacey Oliker. “The gender gap in caregiving to adults.” Manuscript prepared for presentation at the American Time Use Survey Early Results Conference. University of Wisconsin-Milwaukee. Vol. 9. 2005.

Razavi, S. (2007a) The political and social economy of care in a development context: contextual issues, research questions, and policy options, Geneva: United Nations Research Institute for Social Development, http://www.unrisd.org/80256B3C005BCCF9/httpNetITFramePDF?ReadForm&parentunid=2DBE6A93350 A7783C12573240036D5A0&parentdoctype=paper&netitpath=80256B3C005BCCF9/(httpAuxPages)/2DB E6A93350A7783C12573240036D5A0/$file/Razavi-paper.pdf

Servizio Studi Camera dei Deputati, La figura del Caregiver nell’ordinamento italiano, Dossier n°141 (2021). https://www.camera.it/temiap/2021/03/09/OCD177-4856.pdf

Uhlenberg, Peter, 1998. “Mortality Decline in the Twentieth Century and the Supply of Kin over The Life Course.” Pp. 69-78 in Families in the U.S.: Kindship and Domestic Politics, ed. K. Hansen and A.I. Garey. Philadelphia: Temple University Press.