PROCRASTINAZIONE: QUANDO “PERDERE TEMPO” È SPIA DI UN DISAGIO PIÙ PROFONDO
Procrastinare ha a che fare con l’età, con la mancanza di autostima, con la perdita di interesse per i compiti da svolgere, con la mancanza di un progetto. La tendenza sistematica a rimandare impegni e obblighi assunti, può essere sintomo di una disarmonia interiore, di uno stato di disagio mentale non altrimenti esprimibile. Ma rimandare può avere anche risvolti positivi, come ad esempio la capacità di modificare la propria scala di valori e rivendicare il primato della lentezza. Chi procrastina ha sempre torto?
In questo articolo parliamo di:
INTRODUZIONE
Siamo abituati a pensare che la tendenza alla procrastinazione sia una cosa “dei giovani”. Ciò a che fare con la relatività del concetto di “tempo”, una verità della fisica, ma anche una naturale percezione umana. Tipico della gioventù è pensare di avere tantissimo tempo a disposizione per fare le cose importanti, e che intanto ci si può gratificare con attività che regalano un piacere immediato, seppur volatile. C’è sempre tempo per… studiare storia, pulire la camera, liberare la memoria del computer, andare a trovare nonna, lavorare alla tesi di laurea, compilare il CV eccetera. Quale ragazzo/a di 20 anni, alle prese con gli esami universitari, non si è ritrovato/a a studiare mezzo programma (per non dire tutto) una settimana prima della data dell’appello, avendo “vegetato” nei tre mesi precedenti? Fino ad un certo momento della vita è lecito perdere tempo. Inoltre, in base anche alle caratteristiche della personalità, è accettabile che alcune persone siano strutturalmente procrastinatrici. Ad esempio chi abbia un’intelligenza creativa, artisti/e fuori dagli schemi, che ragionano non in termini di produttività, bensì di ispirazione.
Ma le cose stanno davvero così? Non esiste essere umano che non abbia, almeno una volta, cercato di prolungare il tempo dell’attesa nella speranza, forse, che gnomi operosi arrivassero nottetempo a risolvere al suo posto incombenze noiose. La vita, però, ci aspetta al varco.
Procrastinazione: un fallimento “storico”
A partire dalla rivoluzione industriale, Samuel Johnson (1751) descrisse la procrastinazione come: “Una delle debolezze generali che, nonostante gli insegnamenti dei moralisti e le rimostranze della ragione, prevalgono in misura maggiore o minore in ogni mente.
Il conte di Chesterfield, consigliava: “Niente ozio, niente pigrizia, niente procrastinazione; non rimandare mai a domani quello che puoi fare oggi.”
Krishna sostiene: “Indisciplinato, volgare, testardo, malvagio, maligno, pigro, depresso e procrastinatore; un tale agente è chiamato agente Taamasika”. Da notare in particolare che le persone Taamasika sono considerate così stolti che viene loro negata la rinascita mortale; piuttosto, vanno all’inferno.
Data questa coerenza di opinioni, che dura da migliaia di anni, la procrastinazione deve essere considerata un fallimento umano quasi archetipico. Pertanto è piuttosto sorprendente e ironico che la scienza non abbia affrontato prima la questione della procrastinazione.
GIOVANI E PROCRASTINAZIONE
Davvero è sempre normale che un/a giovane sia procrastinatore/trice per definizione, e poi, da un certo momento della vita in avanti, non si possa più permettere di esserlo? E davvero quella sistematica perdita di tempo, quel rimandare come costante esistenziale, non è un tratto dell’età, e neppure della personalità, quanto una spia di un disagio interiore?
Secondo alcune teorie la tendenza alla procrastinazione ha a che fare con le emozioni, è un modo per allontanare eventi sui quali si è spesa una grande quantità di energia emotiva, ad esempio legata alle aspettative di successo (o fallimento). Si procrastina finché non si sia raggiunto uno stato di sufficiente controllo emozionale per affrontare quel compito, qualunque esso sia. E tuttavia, la procrastinazione non ha un significato positivo se il rimandare viene vissuto con grande stress, se quel lasso di tempo vuoto viene riempito da pensieri ossessivi, da ruminazioni mentali. Quando ogni impegno prefissato, ogni incombenza di routine o straordinaria da disbrigare comporta questo tipo di processo distruttivo, allora esiste un problema di fondo che può assumere nomi diversi: depressione, ansia, mancanza di autostima, apatia, paura.
Paura di non riuscire, ma anche di “riuscire”, paradossalmente. Depressione: quando manca l’energia per portare avanti un progetto, o quel progetto non ci somiglia più. Quando la vita che stiamo vivendo non ci somiglia più.
Talvolta, invece, procrastiniamo perché abbiamo troppa ansia di fare bene, e temiamo di non essere capaci, di essere “smascherati”, come succede a chi soffre della ormai arcinota sindrome dell’impostore. L’ansia ci fa pensare continuamente a ciò che dobbiamo fare, alle prove a cui siamo attesi, ma ci blocca, ci congela nello spazio vuoto dell’attesa di iniziare. L’ansia è diffusissima tra i giovani, che spesso non procrastinano perché preferiscono il piacere al dovere, ma perché temono di non farcela, di disattendere le aspettative altrui, o che possa succedere qualcosa di drammatico che non riescono neppure ad immaginare.
Siamo in grado, noi adulti, di intuire questo disagio profondo? Di comprendere quando rimandare, procrastinare, allontanare nel tempo e nello spazio mentale un obiettivo, è un modo per dire: “Sto male?”. Esiste, secondo alcuni studi, una diretta correlazione tra eventi avversi ed esperienze negative – ad esempio nella vita scolastica, nella relazione con i pari, in famiglia – e tendenza alla procrastinazione in età adolescenziale, e che tale legame ha una maggiore rilevanza nelle ragazze. Non è chiara la natura di questo rapporto di consequenzialità, come non è chiaro perché esista una differenza di genere in questo meccanismo. Ciò che è abbastanza chiaro è che la procrastinazione funziona come modalità irrazionale di reazione a stimoli ambientali negativi. Esisterebbe, pertanto, un circolo vizioso che lega tra loro eventi negativi, rimuginio mentale e pensiero ossessivo, procrastinazione dei propri obblighi a scuola e in casa.
In generale, le ricerche che sono state fatte tra la popolazione per capire le cause della tendenza alla procrastinazione in alcune fasce di età, hanno evidenziato un forte legame con sentimenti di insoddisfazione nei riguardi del proprio percorso esistenziale in tutti i suoi aspetti, o in alcuni fondamentali quali lavoro/studio, relazioni, amicizie ecc. Si allontanano le responsabilità spicciole che contribuiscono a rendere grama la vita, o che rimandano a fallimenti passati, o che richiedono un dispendio energetico superiore rispetto alle proprie forze. Eppure, secondo altri parametri, la procrastinazione, usata con giudizio consente di ottimizzare le performance e centrare meglio i principali obiettivi della vita.
PROCRASTINAZIONE COME METODO
Secondo Rory Vaden, autore di best seller motivazionali tra cui “Procrastination on purpose” (Procrastinare di proposito), diventare abili nell’arte della procrastinazione può rivelarsi una strategia vincente, a patto di saper distinguere cosa è lecito rimandare, e cosa no:
Come a dire: prendi la procrastinazione e fattela amica, non nemica. Del resto la storia insegna, abbiamo alti esempi di procrastinatori geniali: da Leonardo Da Vinci, a Mozart, passando per J K Rowling e Frank Lloyd Wright.
Resta una domanda: cosa si intende per successo? La morale americana ci dice che comunque vada, in ritardo o meno sulla tabella di marcia, ogni essere umano ha un progetto da portare a compimento. E se procrastinare alcuni passaggi può risultare utile, ciò vale solo se sappiamo dove stiamo andando.
La procrastinazione irrazionale di tanti giovani, e giovani adulti, ci porta invece da un’altra parte. Ci dice che in troppe vite non esiste nessuna direzione, nessun obiettivo da centrare, nessuna passone da seguire. Allora la procrastinazione come limbo diventa una minaccia reale al benessere psicofisico. Una richiesta implicita di aiuto.
“(…) C’è una grande differenza tra il rimandare qualcosa che si dovrebbe fare, ma che non si ha voglia di fare, e il rimandare qualcosa perché non è ancora arrivato il momento giusto per farla. Aspettare perché non si è nello stato d’animo giusto è la procrastinazione classica, ed è il lasciapassare per una vita mediocre. Decidere di attendere di proposito, è invece sinonimo di pazienza. Le persone di successo sono abili in questa discriminazione in modo inconscio”.
PARLIAMO DI PROCRASTINAZIONE CON…
Sergio De Filippis, neuropsichiatra e docente di Psichiatria delle Dipendenze presso l’Università La Sapienza di Roma
Quando la tendenza a rimandare può essere considerata un problema nel giovane, ad esempio durante la formazione universitaria, e nell’adulto? E la persona che procrastina è necessariamente inaffidabile?
Secondo alcune teorie psicologiche procrastinare è sintomo di stress, tendenza al rimuginìo, ansia, depressione, apatia, ritiro sociale, mancanza di autostima, assenza di progettualità specialmente in età adolescenziale. Si tratta di un “passaggio” dell’età che si si supera crescendo e trovando il proprio scopo di vita, oppure è davvero un segnale preoccupante che potrebbe condurre a comportamenti ben più autodistruttivi?
Antonio Guida, due stelle Michelin, chef del ristorante Seta del Mandarin Oriental di Milano
Nella cucina di un ristorante di alto livello c’è spazio per una procrastinazione “creativa”? Una sbavatura, un ritardo, un “aspettare il momento giusto” per provare qualcosa di nuovo anche all’interno di una routine collaudata? E nella tua personale esperienza c’è stato un momento in cui ha avuto bisogno di rimandare qualcosa, nell’attesa che si presentassero occasioni migliori?
Francesca Nicoletti, Vice Design Director RTW per Miu Miu (gruppo Prada)
La moda è un settore governato dalla creatività, dote che, però, tradizionalmente viene percepita come “ingovernabile”. Abbiamo l’idea probabilmente non realistica, del/la designer di talento ma poco disciplinato/a, che arriva con i pezzi forti della collezione all’ultimo minuto, dando ad intendere che il diritto alla procrastinazione sia conditio sine qua non per creare. C’è qualcosa di vero, o di verosimile, in questa narrazione del mondo della moda?
Francesca Lecci, Director Master in Management per la Sanità (MiMS) – Director Executive Master in Management delle Aziende Socio-Sanitarie e Socio-Assistenziali (EMMAS), Professore associato di Practice SDA , Università Bocconi
Quando la tendenza a procrastinare tipica dell’età giovanile prosegue nell’età adulta diventando un modello comportamentale generazionale e si riflette sul lavoro, può trasformarsi in un danno economico globale. Dal momento che uno dei principi dell’economia è: “Le persone rispondo agli incentivi”, è possibile che la riduzione dei salari, la precarietà del mondo professionale e il timore di arrivare all’età della pensione… senza pensione, possano essere una causa, ma in parte anche una giustificazione, della procrastinazione eletta a stile di vita? Come si esce da un cortocircuito di questo tipo se in Italia non si ritiene “una priorità” nemmeno il minimo salariale?
Daniele Silvestri, cantautore
Creazione artistica: procrastinare in attesa della giusta ispirazione aiuta o è un limite?
Fonti di riferimento
Beutel ME, Klein EM, Aufenanger S, Brähler E, Dreier M, Müller KW, et al. (2016) Procrastination, Distress and Life Satisfaction across the Age Range – A German Representative Community Study. PLoS ONE 11(2): e0148054. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0148054
Fast Company How the most productive people procrastinate
Sabarwal, Ishita. (2020). Procrastinomics: The economics associated with procrastination.